I maggiori esperti di Change Management non hanno dubbi: è molto difficile innescare ed ottenere un reale cambiamento organizzativo, nonostante gli sforzi nella pianificazione, programmazione finanziaria e di gestione di risorse umane che si mettono in campo per facilitarlo.
John Kotter rivela ai più che solo il 30% dei casi di cambiamento organizzativo presi in considerazione nelle sue ricerche aveva avuto successo.
Turner & Crawford, dichiarano che: “l’88% dei manager pensa che i cambiamenti pianificati siano corretti e che le aziende siano capaci di portarli a termine ma solo il 33% di questi raggiunge un successo parziale o completo.”
Onirik afferma che più del 60% dei problemi è legato alla reazione dell’uomo di fronte ai cambiamenti. E anche più recentemente una ricerca quantitativa di McKinsey conferma che il 70% dei progetti di cambiamento organizzativo non arriva al 100% dei risultati previsti.
A quanto pare avviare un cambiamento implica gestire una faticosa lotta contro le ragioni del non cambiare. Questa è una cattiva notizia, ma ce n’è anche una buona: una volta comprese le dinamiche sottese al cambiamento è possibile attivare le azioni giuste per aumentare la probabilità di successo nel gestire la transizione.
Ma quali sono le leve da attivare per gestire la fatica del cambiamento? Esiste un prontuario per il Manager che deve portare risultati mentre il suo contesto sta evolvendo?
Queste domande coincidevano con le aspettative di 16 Manager che hanno partecipato al mio workshop “Leading Your Team Through Change”, un programma sviluppato per capire e per gestire al meglio le principali tipologie di cambiamenti che si possono incontrare durante il percorso professionale, condividendo le esperienze individuali e isolando le azioni vincenti per alimentare un mindset sfidante.
L’architettura del workshop “Leading Your Team Through Change” è stata sostenuta da moduli didattici che rispondono ad una stessa struttura:
- Contestualizzazione di un argomento specifico
- Condivisione di strumenti e metodi efficaci per risolvere le criticità afferenti allo specifico tema
- In sottogruppi applicazione diretta degli strumenti su concreti casi aziendali e ottimizzazione delle azioni vincenti in plenaria
Il modulo di apertura che gravita attorno alla parola “cambiamento” è finalizzato ad aumentare la consapevolezza che c’è una grande differenza tra decidere di cambiare e cambiare. Il gruppo ha ragionato sugli elementi che abilitano il cambiamento (enable change), o come è stato coniato in aula “dobbiamo saper dosare bene l’olio che fa girare il motore”.
Durante il programma LYT-Change ho proposto un focus su 5 tipi di cambiamento, 5 sfide diverse per i Manager del cambiamento, non importa se determinate da se stessi o da altri, perché quello importa è “far capire ai colleghi che non possiamo più lavorare nel passato”: cambiamenti organizzativi; cambiamenti legati alle persone; cambiamenti di processo; cambiamenti di priorità; cambiamenti di metodologie/materiali.
“Perché le persone resistono al cambiamento visto che tutti lo desiderano?” è stato il tema che i partecipanti hanno richiesto di smontare e rimontare fin nei suoi più piccoli dettagli, curiosamente interessati a capire come l’essere umano elabora e metabolizza le sollecitazioni a rompere la comfort-zone e quali tentate soluzioni cerca di avanzare.
Con sorpresa un Manager della funzione After-market ha realizzato che un cambiamento che percepiva come all’interno della propria sfera di controllo, presumibilmente innocuo per la propria stabilità emotiva e assimilabile a routine, ribaltato su un suo collaboratore veniva percepito come un salto in una dimensione molto lontana dallo status quo. Di qui la costruzione di un percorso di accompagnamento per il collaboratore affinché riesca a assimilare il cambiamento e fluidificare le resistenze nei confronti di un’opportunità che il proprio Manager vede nel suo interesse di crescita, ma che il primo non è ancora in grado di riconoscere.
Prendendo come riferimento una distribuzione normale della popolazione, solo il 10% delle persone resiste effettivamente al cambiamento in sé, il restante 90% mostra fatica nei confronti di una trasformazione per la quale non vede immediati vantaggi per sé.
Nel corso delle due giornate in aula i Manager si sono quindi allenati a governare la dinamica tensiva tra “l’avere un motivo per cambiare” e “la paura di perdere quello che si è costruito”, lavorando in anticipo su inevitabili obiezioni e criticità che l’organizzazione nella quale sono inseriti offrirà loro nei prossimi tempi.
Sentire nell’ultimo giro di tavolo la soddisfazione di portarsi a casa degli input concreti, vedere qualcuno scattare foto alle flip-chart e qualcun altro contendersi fisicamente i fogli appesi ci fa riflettere sul fatto che per rendere il cambiamento possibile fino alla fine occorre accompagnare le persone in tutte le fasi del processo di cambiamento, facilitando l’impiego di un’energia fattiva e creativa che contrasta la resistenza allo sforzo.
Come scrive Noel Tichy (“The Leadership Engine): “Leadership is about change… The best way to get people to venture into unknown terrain is to make it desiderable by taking them there in their imaginations”.