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test della personalità

Perché i test della personalità possono risultare inutili nella valutazione del potenziale di un candidato?

Marzo 31st, 2022 Posted by Notizie 0 thoughts on “Perché i test della personalità possono risultare inutili nella valutazione del potenziale di un candidato?”
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In un secolo di ricerche sui metodi di selezione si può affermare che i test attitudinali sembrano essere i migliori predittori delle prestazioni lavorative, specialmente se abbinati a test di personalità e integrità. Tuttavia, valutare il potenziale dei candidati ad una posizione lavorativa e dei collaboratori presenta ancora oggi sfide significative.

Nonostante tutte le promesse di queste tecniche è estremamente difficile misurare qualcosa di così complesso come le potenzialità di una persona, e questo per diverse ragioni.

Molti test di personalità validi e affidabili sono stati accuratamente calibrati per misurare uno o più tratti del carattere, ma le persone spesso differiscono più da se stesse che l’una dall’altra.

Le valutazioni psicologiche tradizionali sono di solito progettate per aiutare a capire se le persone sono più o meno qualcosa (come ad esempio intelligente, estroverso, grintoso, ecc.) 

In altre parole, hanno lo scopo di cogliere le differenze tra le persone. Ma diversi studi hanno scoperto che, persino durante un periodo di due settimane, ci può essere più variazione all’interno della personalità di uno stesso  individuo che da persona a persona.

Le persone cambiano e non sempre quando te lo aspetti.  Il fascino dei test attitudinali, d’intelligenza e della personalità risiede nel fatto che sembrano rivelarci qualcosa di stabile e duraturo su chi sono le persone e su ciò di cui sono capaci. 

Chi elabora e somministra i test in genere fa di tutto per assicurarsi che le persone esaminate la prima volta ottengano più o meno lo stesso punteggio la seconda volta che il test viene loro sottoposto. Eppure, prove convincenti suggeriscono che possiamo cambiare, a volte in modi che non avevamo previsto. Possiamo anche spostare le nostre personalità in una direzione o in un’altra (almeno in una certa misura, anche se non sempre senza costi) sia per ottenere benefici a breve termine che per raggiungere obiettivi a lungo termine.  

Un recente studio, con più di 13.000 partecipanti, ha evidenziato come le persone tendano a diventare più coscienziose proprio prima di ottenere un nuovo lavoro, ovvero nel momento in cui un responsabile delle assunzioni starebbe cercando di capire quanto duramente lavorerebbero se ottenessero il ruolo.

La natura del compito può quindi essere più importante della natura della persona stessa. Molti avranno sentito la teoria che afferma come ognuno di noi abbia uno stile di apprendimento preferito, e più possiamo usare quello che si adatta a noi, più riusciremo ad apprendere. Sfortunatamente, praticamente nessuna prova supporta questa teoria. Questo non significa che tutti gli approcci allo studio siano ugualmente efficaci, è solo che la strategia che funziona meglio spesso dipende più dal compito che dalla persona. 

Allo stesso modo, diverse parti della nostra personalità possono servire diversi tipi di obiettivi. Agiamo in modo estroverso quando vogliamo connetterci con gli altri o cogliere un’opportunità, diventiamo disciplinati quando vogliamo portare a termine qualcosa o evitare errori.

Considerando quanto il comportamento delle persone possa cambiare da una situazione all’altra, potrebbe sembrare paradossale anche solo cercare di trovare qualcosa di duraturo nel carattere di una persona. Ma solo perché la personalità è dinamica non significa che non sia analizzabile o che non possa essere rivelata. 

Alcuni ricercatori hanno proposto di usare questionari “if-then” allo scopo di ottenere dei modelli dalle diverse sfumature per costruire il profilo di ogni persona, anche se tali tecniche devono ancora oggi essere ben testate sul posto di lavoro.

Un approccio migliore potrebbe essere quello di ripetere i test nel tempo. Questo è spesso più facile a dirsi che a farsi, date le sfide che molte organizzazioni affrontano nel convincere i dipendenti a compilare anche un solo sondaggio.

Se il problema della partecipazione può essere superato, tuttavia, i test ripetuti possono portare a intuizioni su come sono le persone in generale e sui modi in cui esse possono cambiare, cosa che le indagini una tantum semplicemente non possono stimare.

Adattato da “Can We Really Test People for Potential?” By Reb Rebele – MIT Sloan Management Review 201903 – Spring 2019 

intelligenza artificiale

Il tuo lavoro potrebbe essere svolto da un’intelligenza artificiale?

Marzo 24th, 2022 Posted by Notizie 0 thoughts on “Il tuo lavoro potrebbe essere svolto da un’intelligenza artificiale?”
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Anche se il tuo lavoro ti soddisfa ed è ben pagato, è sempre saggio chiedersi se si tratta di un insieme di compiti  abbastanza comuni e ripetitivi da poter essere tranquillamente svolti da una macchina. 

Se la tua risposta è sì, forse è arrivato  il momento di cercare o di ritagliarti un ruolo che abbia meno probabilità di essere automatizzato!

In poche parole, se un lavoro è visto come una commodity, come una merce, non passerà molto tempo prima che venga svolto da una macchina.

La ricerca di Thomas H. Davenport sull’automazione attraverso l’intelligenza artificiale (AI) o le tecnologie cognitive suggerisce che, se un lavoro con compiti abbastanza di routine può essere esternalizzato, molti dei compiti tipicamente svolti dal lavoratore possono probabilmente essere automatizzati, anche da tecnologie relativamente semplici come l’automazione dei processi robotici. 

Per esempio, i servizi finanziari sono un’area matura per l’automazione: molte attività sono ben strutturate e c’è una differenziazione dei prodotti relativamente bassa.

Detto ciò, nel mondo della finanza ci sono sia lavori di basso valore che di alto valore. Alcuni di quelli di basso valore, come quello svolto dai cassieri di banca, stanno scomparendo da un po’, anche se lentamente. 

Secondo Hedge Fund Research Inc. di Chicago, Illinois, anche alcuni dei lavori di alto valore si stanno progressivamente mercificando. 

Sofisticati algoritmi hanno cominciato a sostituire i trader finanziari e i gestori di hedge fund e circa un terzo delle attività degli hedge fund sono già attualmente gestite in questo modo. 

Il risultato è che un robo-adviser, una macchina che raccomanda investimenti ai clienti, ha iniziato a sostituire i consulenti finanziari umani. 

Poiché i clienti si rivolgono a fondi comuni, fondi negoziati in borsa (ETF) e altri investimenti passivi, è relativamente facile determinare un portafoglio appropriato per i clienti, riequilibrarlo per le preferenze di asset allocation e raccogliere le perdite fiscali e il tutto con poco o nessun intervento umano.

Poiché la maggior parte dei mercati finanziari sono digitali, le macchine possono facilmente determinare quali investimenti rendono meglio. L’intuizione e l’esperienza personale nella scelta degli investimenti in questo caso conta poco.

Così, sembra che anche i lavori finanziari tradizionalmente ben pagati stiano diventando mercificati e, di conseguenza, automatizzati. 

Nonostante questo, l’automazione spesso richiede più tempo di quanto ci aspettiamo perché l’inerzia organizzativa può essere alta, perché tutti i lavori sono leggermente diversi l’uno dall’altro e perché le persone trovano modi per differenziarsi.

Quindi, come proteggere il tuo lavoro evitando che diventi un lavoro totalmente mercificato?

Comincia subito a concentrarti sugli aspetti più umani dei tuoi compiti, quelli più difficili da automatizzare. Nel mondo finanziario, per esempio, questo implica spesso la comprensione degli esseri umani e delle decisioni finanziarie avventate o poco sagge che spesso prendono. 

Uno degli studenti di Thomas H. Davenport ha definito questo ambito psichiatria finanziaria, ma un nome più accademicamente rispettabile potrebbe essere finanza comportamentale

I consulenti finanziari che capiscono la finanza comportamentale possono concentrarsi non sulla semplice selezione degli investimenti per i loro clienti, ma sul dissuaderli quando sono pronti a vendere tutto subito dopo un calo del mercato o dal prendere altre decisioni finanziarie imprudenti. Oppure possono affrontare il difficile problema di conciliare le diverse tolleranze al rischio all’interno di un nucleo familiare. 

Affrontare questioni così complesse ed emotive è un lavoro che di certo non sarà preso in consegna dalle macchine molto presto!

Paradossalmente, i lavoratori della finanza e di altre industrie che ricoprono ruoli specializzati e molto ben pagati possono anche rendersi meno mercificati aiutando il processo di mercificazione. Se sono bravi a strutturare le decisioni e a capire come queste vengono rappresentate dalle intelligenze artificiali, avranno un lavoro ancora per un bel po’.

Saranno in grado di monitorare le decisioni basate sulle macchine, correggerne gli errori (a causa di dati mancanti, per esempio) e forse anche migliorare il processo decisionale delle macchine nel tempo.

È molto difficile prevedere quanto velocemente i lavori di vario tipo diventeranno commodity e quanto velocemente gli umani che li svolgono saranno sostituiti dalle macchine. I lavori sono composti da un insieme di compiti, solo alcuni dei quali sono automatizzabili.

L’automazione spesso richiede più tempo di quanto ci aspettiamo perché l’inerzia organizzativa può essere alta, perché tutti i lavori sono leggermente diversi l’uno dall’altro, e perché le persone trovano modi per differenziarsi.

Ma non importa quale sia il tuo campo, vale la pena chiedersi se il tuo lavoro è abbastanza comune e ripetitivo da essere svolto da una macchina. Se pensi sia il tuo caso, è il momento di cercare o creare un lavoro meno mercificato!

Adattato da un articolo di Thomas H. Davenport President’s Distinguished Professor of Information Technology and Management at Babson College in Babson Park, Massachusetts, as well as a fellow at the MIT Initiative on the Digital Economy – MIT Sloan Management Review 201804

Feedback Sharing vs Feedback Seeking

Marzo 16th, 2022 Posted by Notizie 0 thoughts on “Feedback Sharing vs Feedback Seeking”
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Ai leader viene spesso suggerito di cercare di ottenere dei feedback riguardo le proprie prestazioni o le proprie valutazioni sul lavoro del team da parte dei propri collaboratori.

I ricercatori hanno scoperto invece che la condivisione di feedback, seppur negativi, può avere effetti molto positivi sulle dinamiche del team.

Nel corso di uno studio sull’argomento, i ricercatori hanno suddiviso oltre 100 team leader in 4 gruppi:

  • Ai leader del primo gruppo è stato detto di chiedere ai membri del team un feedback sulle loro prestazioni
  • Ai leader del secondo gruppo è stato chiesto di condividere e discutere con i collaboratori le proprie valutazioni sul rendimento del team
  • I leader del terzo gruppo hanno fatto entrambe le cose 
  • I leader del quarto gruppo non hanno fatto nessuna delle due cose

Dopo un anno, i team i cui leader avevano condiviso feedback negativi su se stessi hanno riportato un miglioramenti significativi nelle proprie dinamiche interne.

I leader inizialmente si sentivano ansiosi, i dipendenti erano scettici e in gran parte di loro rimanevano in silenzio. 

Ma quando i leader hanno continuato il processo di condivisione, la vulnerabilità è stata normalizzata, permettendo ai sentimenti di sicurezza di crescere e i dipendenti hanno iniziato a sentirsi più sicuri nell’esprimere le proprie opinioni. 

Quando, al contrario, i leader chiedevano soltanto un feedback, i collaboratori tendevano ad offrirlo, ma i leader a volte si mettevano sulla difensiva, sentendosi giudicati poiché non erano pronti a condividere pubblicamente la propria vulnerabilità. 

I feedback ottenuti in questo modo riguardavano spesso questioni marginali o non di competenza dei team leader. Così in questi team i collaboratori tendevano a dire sempre meno ai loro leader, mentre questi ultimi diventano sempre meno reattivi.

I ricercatori concludono dicendo che la ricerca di feedback invita a commentare una vasta gamma di questioni, anche poco rilevanti, compromettendo le dinamiche e l’efficienza del team, mentre la condivisione del feedback aiutava i collaboratori a concentrarsi sulle questioni veramente importanti.

Adattato da HBR 202202 – “Taking Your Team Behind the Curtain: The Effects of Leader Feedback-Sharing and Feedback-Seeking on Team Psychological Safety,” by Constantinos G.V. Coutifaris and Adam M. Grant (Organization Science, forthcoming)

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