Perché elaborare una strategia a porte chiuse non fa bene al tuo business.

Maggio 13th, 2022 Posted by Notizie 0 thoughts on “Perché elaborare una strategia a porte chiuse non fa bene al tuo business.”
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Formulare ed eseguire una buona strategia organizzativa è un lavoro difficile. La strategia aziendale è spesso elaborata da team d’élite e quindi può essere limitata dai loro pregiudizi sui concorrenti, la loro unica visione delle esigenze dei clienti e delle forze di mercato. Non solo: può essere una battaglia difficile convincere le parti interessate ad investire soldi, tempo ed energia in una direzione nuova e mai provata prima, con conseguente limitazione di idee innovative.

La soluzione degli autori di questa ricerca, sia alla formulazione della strategia che alle nuove sfide è radicale: aprire all’esterno il processo di creazione della propria strategia di business!

La strategia aperta offre ai team leader l’accesso a diverse fonti di conoscenza esterna che altrimenti non avrebbero, mentre li rende anche consapevoli dei loro pregiudizi e li aiuta a costruire il buy-in necessario per accelerare l’esecuzione.

Questo approccio è particolarmente prezioso quando le aziende affrontano minacce dirompenti e contemplano un cambiamento. È molto più facile padroneggiare le perturbazioni quando stai forgiando la strategia di concerto con altri che vedono il mondo attraverso una visione diversa dalla tua. 

Il progresso e l’innovazione non dipendono da pensatori solitari con un QI eccezionale ma da gruppii di persone diverse che lavorano insieme e capitalizzano la loro individualità, come ha dimostrato il ricercatore Scott E. Page.

Coinvolgere persone esterne alla propria azienda nel fare strategia non solo fornisce una fonte di idee fresche ma mobilita e galvanizza tutte le persone coinvolte e questo può comunque avvenire senza una perdita di controllo sul processo di elaborazione della strategia stessa.

Perché un approccio chiuso alla creazione delle strategie ha i suoi limiti?

Secondo un sondaggio Bain del 2018, la pianificazione strategica è lo strumento più popolare a disposizione dei manager. Eppure, troppo spesso, i risultati di tale pianificazione sono poco convincenti. 

Gli studi hanno evidenziato che tra il 50% e il 90% delle strategie ideate dai leader non funzionano. L’indagine condotta dagli autori nel 2018 su 201 dirigenti americani ed europei ha rilevato che il 52% delle loro iniziative strategiche elaborate nei tre anni precedenti non ha funzionato.

Questi risultati deludenti sono particolarmente sorprendenti se si considerano le risorse che le aziende versano nel fare strategia. Ogni anno, vengono investiti più di 30 miliardi di dollari in consulenti, sfruttando la loro conoscenza dei settori, delle competenze e dei modelli di business, e i CEO trascorrono più del 20% delle loro ore lavorative, in media, concentrandosi sulla strategia.

Al centro di questo problema c’è il processo stesso con cui viene elaborata la strategia. Le aziende hanno poche speranze di tracciare un percorso affidabile se limitano le delibere strategiche ad un piccolo gruppo di alti dirigenti. 

Non possono ottenere le idee migliori in questo modo, né possono collegare efficacemente la strategia all’esecuzione.

Eppure, la pianificazione strategica come viene praticata oggi è un processo strettamente chiuso e limitato. I dirigenti presumono che tenere la strategia per se stessi tenga l’azienda al sicuro da dipendenti o collaboratori esterni e dai concorrenti che ruberebbero le loro idee. Ma si sbagliano: il monopolio della strategia da parte di pochi non aiuta le aziende. Piuttosto le uccide in diversi modi.

Strategie isomorfe

Hai mai notato che a seconda del settore le strategie sembrano tutte uguali? Non è la tua immaginazione. È dovuto ad un fenomeno che i teorici organizzativi chiamano isomorfismo. In sostanza, significa che nel processo di adattamento a ciò che ci circonda, ci comportiamo in modi sempre più simili.  Lo stesso vale per le aziende, soprattutto perché il benchmarking e le migliori pratiche sono diventati elementi centrali del processo di elaborazione di una strategia. 

Strategie prive di immaginazione

È difficile far crescere le idee dall’interno dell’azienda. I dipartimenti e gli individui competono l’uno con l’altro per le risorse o il prestigio, e nonostante i leader chiedano cooperazione e smantellamento dei silos, le idee non fluiscono liberamente. 

Strategie derivanti da preconcetti

Uno dei colpevoli della realizzazione di queste strategie è quello che gli psicologi cognitivi chiamano la trappola dello status quo, la tendenza a favorire ciò che già esiste e le informazioni che confermano quella scelta. 

Altri pregiudizi comuni che possono silurare le strategie includono la trappola dei costi sommersi (la tendenza a sostenere irrazionalmente le scelte passate che stanno fallendo), l’avversione alle perdite (la tendenza a dare maggior peso alle perdite potenziali rispetto ai guadagni potenziali) e la trappola dell’eccessiva fiducia (la tendenza a credere nell’accuratezza di previsioni troppo ottimistiche).  In breve, la diversità di prospettiva è molto importante.

Tutti questi pregiudizi rappresentano pericolosi punti ciechi per gli strateghi che lavorano da soli o in piccoli gruppi, dove la pressione per conformarsi può portare le persone ad ignorare le informazioni negative e a screditare coloro che le tirano fuori.

Tratto da un articolo di CHRISTIAN STADLER, JULIA HAUTZ, KURT MATZLER, AND STEPHAN FRIEDRICH VON DEN EICHEN – MIT Sloan Management Review Spring 2022

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